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Apamea
Nel 300 a.C., dopo la Battaglia di Ipso (301 a.C.), sulla cima della collina dominante la valle del fiume Oronte, Seleuco I Nicatore fece costruire l'acropoli e fondò una nuova città, a cui diede il nome della bella moglie persiana, Apamea.
Sotto i Seleucidi la città venne utilizzata dall'esercito per la presenza dell'acropoli fortificata e per l'abbondanza di risorse per l'approvvigionamento delle truppe. Apamea divenne in brevissimo tempo uno dei maggiori centri del regno seleucide, sede anche della cavalleria reale.
Nel 64 d.C. i romani entrarono in questi territori. Asse centrale della città ricostruita da Traiano era il cardo maximus, una splendida via colonnata che tagliava Apamea da nord a sud, dalla porta di Antiochia a quella di Hama, per una lunghezza di circa 2 km ed una larghezza di 37,5 m, maggiore delle vie di Palmira e di Antiochia. La sola carreggiata, i cui lastroni conservano ancora i segni del passaggio dei carri, misura oltre 22m; i portici laterali hanno una profondità di 7-8 m.
Il tratto settentrionale, costruito durante i regni di Traiano e di Marco Aurelio, conserva ancora colonne con capitelli corinzi e fusti lisci, mentre il tratto meridionale ha colonne scanalate, una rarità per la Siria, che testimonia anche la ricchezza ed il benessare dei suoi abitanti durante il III secolo. Si dice che l'aspetto differente delle colonne determinasse spazi diversi lungo la via, dedicati a varie attività (politica, commercio, ecc.).
La struttura originaria era ortogonale, come tutte le nuove città ellenistiche; struttura che venne mantenuta in seguito sia dai Romani che dai Bizantini. La cittadina nel tempo venne colpita da diversi terremoti, gli ultimi dei quali la rasero al suolo nel 1157 e nel 1170.
Il sito antico, dopo secoli di disinteresse, iniziò ad essere riscoperto da una missione di scavo belga, nel 1925, e continua ancora oggi.



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