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Grande villa, parco naturale, disseminata di gigantesche sculture ricavate nei blocchi di peperino affioranti dal terreno, il Sacro Bosco (detto anche Parco dei Mostri) costituisce uno dei più misteriosi luoghi d'Italia. L'aspetto inquietante o quantomeno mostruoso delle raffigurazioni è in linea con il clima di decadenza manieristica (ed esoterismo) che pervadeva la cultura e la moda dei giardini di metà cinquecento. Realizzato da Vicino Orsini a metà 1500, come rappresentazione di un mondo esoterico da lui immaginato, a seguito della lettura di poemi cavallereschi di suoi contemporanei (quali l'Orlando Furioso dell'Ariosto e l'Amadigi di Bernardo Tasso, pubblicato proprio in quel tempo).
Questa gigantesca scultura rappresenta quasi con certezza un episodio dell'Orlando Furioso: l'eroe, assalito dalla follia a causa della passione per Angelica, si è liberato delle armature, e le sparge nei campi. Incontra un pastorello che aveva l'unico torto di contendergli il passo e lo squarta tenendolo per i piedi.
La gigantesca tartaruga, sormontata dalla Fama alata, con un gioco di proporzioni all'incontrario tipico della volontà di trasgredire le regole che domina nel Parco di Bomarzo. E' evidente nella figura femminile posta sul dorso della tartaruga la classica iconografia della Fama alata.
Questa scultura, una donna nuda e coricata, dovrebbe rappresentare Armida, un personaggio della Gerusalemme Liberata, una perfida maga che con le sue arti cercava di mettere in difficoltà l'esercito crociato di Goffredo di Buglione ma che, dopo aver trasformato in animali alcuni soldati, si innamora di Rinaldo. Questi viene trattenuto dagli incantesimi nel suo palazzo fino a quando non riesce a liberarsi e così Armida, sentendosi abbandonata dal suo amato, cade a terra priva di sensi.
La "Casa pendente": è una delle bizzarrie più appariscenti del Parco dei Mostri, una casa pendente appositamente costruita sopra un masso inclinato. E' naturalmente inabitabile e spoglia all'interno, ma la visita è possibile, ed il visitatore resta sorpreso e prova uno strano senso di squilibrio fisico. E' una delle prime realizzazioni del Sacro Bosco e probabilmente fu fatta edificare da Giulia Farnese nel 1555 quando Vicino era prigioniero in terra straniera. Forse il significato vero della sua pendenza prescinde dalla volontà di stupire comune alle altre realizzazioni del Giardino e vuole rappresentare metaforicamente il rischio, poi scampato, della rovina della famiglia a causa della prigionia del coniuge.
Il gigantesco personaggio accigliato e barbuto seduto con alla destra un mostro marino con le fauci spalancate è di dubbia attribuzione. C'è chi lo indica come Nettuno, il dio del mare, e chi invece lo ritiene Plutone, dio degli inferi. In effetti la vistosa cornucopia di cui si fregia (Plutone era considerato un dio ricco), la vicinanza del grande Orco con la bocca spalancata che rievoca l'ingresso dantesco, la presenza, a poca distanza, del cane Cerbero, custode degli Inferi, e della moglie Proserpina farebbero propendere proprio per la seconda ipotesi.
"Il Drago": c'è chi ha voluto vedere in questa scultura del Parco dei Mostri di Bomarzo un riferimento all'Estremo Oriente e dal fascino che l'esotismo di quelle terre esercitava su Vicino Orsini. Esiste un'incisione di Lucantonio degli Uberti, ricavata da un disegno di Leonardo da Vinci, che rappresenta proprio il soggetto di Bomarzo, un Drago che lotta con i leoni.
"L'elefante": si tratta di un elefante in assetto da battaglia che tiene tra le sue fauci un soldato nemico, forse un centurione romano. Questa scultura è probabilmente un omaggio alle imprese di Annibale.
"Cerere": la mitologia classica romana celebra Cerere come la dea delle messi e dell'agricoltura. Il mito più ricorrente ha origini siciliane e racconta come sia stata questa divinità a diffondere la coltivazione del grano in occidente.
"L'orco": questa grande scultura, un enorme volto con la bocca spalancata e lo sguardo terrorizzante, è il simbolo del Parco dei Mostri di Bomarzo e racchiude in sè molti dei significati del "Giardino incantato". Forse vuole incutere terrore ed anche meraviglia e comunque invita il visitatore a penetrare all'interno della sua bocca; a che servirebbe sennò l'ampia scalinata? Quella bocca spalancata è l'ingresso dell'Inferno ed al suo interno c'è un tavolo in pietra che invita ad entrare e banchettare. La scritta che compare attualmente intorno alle sue fauci "OGNI PENSIERO VOLA", non è sicuramente quella originaria: un disegno di Giovanni Guerra del 1598 che riproduce l'Orco di Bomarzo riporta anche la scritta, allora ben conservata: "LASCIATE OGNI PENSIERO VOI CH'INTRATE", con evidente riferimento all'Inferno dantesco.
"L'echidna, i leoni e la Furia alata": tre figure minacciose che sembrano voler impedire il passaggio ai visitatori: sono l'Echidna, con corpo di donna e la parte inferiore a forma di serpente, due Leoni affiancati e la Furia Alata, con corpo di donna e coda di serpente. Figlia di Ceto e Forco, l'Echidna è un mostruoso essere primordiale della mitologia greca. Ha l'aspetto di donna ma con la parte inferiore del corpo serpentiforme.
"Proteo": la divinità mitologica è qui rappresentata con la bocca spalancata e con in testa un globo con i simboli araldici degli Orsini e sopra un Castello, forse quello di Bomarzo. Proteo, vecchio genio del mare, era stata insignito da Poseidone, signore di tutti i mari, del ruolo di custode delle foche e di ogni altra specie animale che popolasse le acque salse.