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Wat Phrathat Doi Suthep

Wat Phrathat Doi Suthep, il tempio Phrathat sul colle Doi Suthep, si trova poco fuori dalla città, che domina dall'alto dalla collina dove è stato costruito. Per raggiungerne la sommità e il tempio, si può decidere di salire i 309 gradini della scalinata, guardata a vista da due temibili dragoni, oppure se la si vuole prendere più comodamente, si può arrivare sulla sommità del colle con la funivia.
La fondazione e nascita del Wat Phrathat Doi Suthep è di origine incerta e per lo più legata a scenari leggendari, in qualsiasi caso risale al tredicesimo secolo dopo Cristo: la leggenda principale, detta anche dell'Elefante Bianco, parla di Sumanathera, un monaco originario di Sukhothai, che in seguito ad un sogno rivelatore si reca in viaggio alla ricerca di una reliquia sacra. Una volta raggiunto il luogo del sogno Sumanathera trova un osso appartenuto ad una spalla del Buddha, reliquia che dimostra poteri unici come la capacità di muoversi, sparire e riapparire o brillare nel buio, e che il monaco decide di portare a Sukhotai in dono al Re Dharmmaraja, monarca del Regno. Al suo ritorno il monaco viene accolto con grande curiosità, ma una volta giunta in città la reliquia smette di mostrare le sue caratteristiche magiche, alimentando velocemente i dubbi sulla propria autenticità tanto da disinteressare Re Dharmmaraja al punto da fargli decidere di lasciarla tra le mani di Sumanathera. Le notizie su questa reliquia raggiungono velocemente Re Nu Naone, sovrano del Regno Lanna nel nord dell'attuale Thailandia, il quale fa chiamare a sé Sumanathera per vedere in persona questa misteriosa spoglia mortale apparentemente appartenuta al Buddha, così il monaco, ottenuto facilmente il consenso del suo Re Dharmmaraja, raggiunge Lamphun, al tempo capitale del Regno Lanna. Appena la reliquia arriva a Lamphun si rompe in due pezzi: uno viene trattenuto e conservato nel tempio cittadino, il Wat Suan Dok, mentre l'altro viene posto sulla schiena di un elefante bianco che il Re Nu Naone decide di lasciare libero di addentrarsi nella giungla. L'elefante si incammina uscendo dalla città e raggiungendo il Doi Aoy Chiang (che un giorno verrà chiamato Doi Suthep) per poi risalirlo fino quasi alla cima e fermarsi di colpo. L'elefante, dopo tre lunghi barriti rivolti a chi lo seguiva, si accascia e muore: convinto del chiaro segno dato dall'animale, Re Nu Naone ordina l'immediata costruzione di un tempio laddove l'elefante si è lasciato morire, ponendo quindi la prima stupa e fondando il famoso Wat Phrathat Doi Suthep, che da quel momento in poi non ha fatto che accrescere il proprio valore simbolico e religioso in quella che è la cultura buddista della Thailandia del Nord, e non solo.
Il tempio è costruito attorno al Chedi dorato che ne fa da centro ideale e arricchito da innumerevoli statue e pagode aggiunte nel tempo, simbolicamente impreziosito da elementi evocanti sia la cultura buddista (come ad esempio una copia del Buddha di Smeraldo presente anche nel Wat Pho di Bangkok o nel Wat Phrasingh di Chiang Mai) che la cultura induista (rappresentata da una splendida statua di Ganesh).
I Buddha in posa simbolica in base ai giorni della settimana



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